La storia del suo terzo libro è originale: ci racconta che tra i tantissimi emigranti che si trasferirono dal Sud Italia nelle ricche città del Nord, negli anni Cinquanta, Sessanta, molti erano bambini che, intorno ai 9, 10 anni, lasciavano le famiglie e da soli cercavano di sopravvivere, lavorando qua e là. Erano ragazzini cresciuti in fretta, che imparavano a cavarsela nelle peggiori difficoltà, con pochissimo da mangiare, spesso senza un tetto e abbandonati a loro stessi. Ninetto Pelleossa, il protagonista, lascia il suo paesello alle pendici dell’Etna, il padre scorbutico e la madre menomata da un ictus e ricoverata, e si trasferisce a Milano. Il ragazzino è sveglio, benché poco istruito, sa riconoscere il bene dal male, il giusto dallo sbagliato, porta con sé i pochi insegnamenti avuti dal maestro del paese e vi si aggrappa con tenacia. Compie scelte azzeccate e, grazie ad una bicicletta e un lavoro come galoppino, riesce a cavarsela. La svolta arriva al compimento del quindicesimo anno d’età, quando finalmente le grandi fabbriche, alla ricerca di mano d’opera, possono, per legge, assumerlo. E allora, con uno stipendio fisso, Ninetto può metter su casa e famiglia, sposa Maddalena dalla quale avrà una figlia, Elisabetta. Sembrerebbe un finale a lieto fine, ma non è così. La parte più originale del racconto inizia adesso, quando al Ninetto “picciriddu” povero, d’accordo, ma libero di seguire il suo guizzo per sopravvivere, subentra il Ninetto adulto, l’alienazione del lavoro in fabbrica e il tedio del carcere, dove il nostro finirà per il troppo amore inespresso, racchiuso nel suo cuore. Saldo sui propri principi, indurito nello spirito dalle avversità, Ninetto da adulto fatica forse più di prima ad arrivare a sera, e a poco servono le sgridate di sua moglie per scuoterlo dalla crisi che lo ha colto. Le vie di Milano e la bicicletta che lo fa tornare ragazzino, saranno la sua salvezza.
Ma al di là della trama, seppur interessante dal punto di vista sociologico, il pregio del romanzo è nello stile di Balzano, che riteniamo molto raffinato, elegante, ben bilanciato tra popolare e colto, e, davvero, in alcuni punti poetico. Nel racconto in prima persona di Ninetto, c’è quel tanto di colloquiale e di dialettale che rende credibile la parlata del ragazzino siciliano, senza però che il suo linguaggio risulti rozzo o sgradevole, a dimostrazione del fatto che l’autore ben destreggia la lingua italiana. Non ne siamo stupite: Balzano ha al suo attivo tre romanzi, ma anche due libri di bellissime poesie, tutti da leggere!!
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