Mars Room è un locale di San Francisco dove la protagonista Romy Hall si esibiva come spogliarellista prima di essere costretta a fuggire a Los Angeles perché perseguitata da uno stalker. Andarsene non basterà: la ragazza, ancora tormentata dall’uomo, sarà costretta ad ucciderlo per difendere sé stessa e suo figlio e sarà condannata all’ergastolo.
Alternando la narrazione avanti e indietro nel tempo, l’autrice ci racconta della vita di Romy prima di finire in prigione quando per lei era davvero difficile tirare a campare: una madre assente, le amicizie sbagliate, la dipendenza dalla droga, un figlio da mantenere, il lavoro nello strip club che non le piaceva ma che le dava da vivere. E poi la fuga dall’uomo ossessionato da lei, l’omicidio e il processo e la condanna durissima e forse ingiusta, la dolorosa e pesante vita in carcere. Qui Romy dovrà convivere con le altre detenute e sopportare l’insopportabile, soprattutto la separazione dal figlio di cui purtroppo non sa più nulla. E sarà proprio questa disperazione a portarla, nel finale, alla decisione più difficile della sua vita.
Tante sono le tematiche che l’autrice tratta attraverso la protagonista e gli altri personaggi: affronta la dualità del bene e del male, di cosa sia giusto e di cosa sbagliato, di colpe e di punizioni a volte non adeguate. Racconta una società che troppo spesso esclude gli ultimi e gli emarginati. Ci invita a riflettere sulla solitudine, sulla disperazione, sull’amore e sul suo risvolto peggiore: il possesso. Nella storia di Romy c’è tanta violenza, sia fisica sia psicologica, che l’autrice descrive senza risparmiare dettagli cruenti con uno stile breve, tagliente, senza infiorettature né descrizioni inutili.
Non è un romanzo di intrattenimento, al contrario è duro, crudo, a tratti sconvolgente, ma ti entra dentro, ed è, secondo me, destinato a rimanere a lungo nella memoria di chi, con coraggio, va detto, lo affronta e lo finisce.
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