Scritto come se fosse un’intervista con un giornalista fittizio, è un lungo elenco di domande e risposte su argomenti vari, che spaziano dalla quotidianità dello scrittore, ai suoi affetti, al suo passato, ai suoi problemi. Con questo espediente, Nevo riesce a toccare molti temi: la crisi coniugale, i figli, i genitori anziani, l’amico ammalato, Israele, la guerra. Non è un mero elenco di episodi vissuti e raccontati, alcuni spassosi, altri dolorosi, la bravura dello scrittore è nel tenere collegati i vari argomenti trattati attraverso domande distribuite lungo il romanzo e che si esauriscono poco alla volta, chiudendo il cerchio nel finale.
Leggendo, sorge una domanda: quanto di vero c’è nelle risposte di Nevo? E’ un romanzo autobiografico o una lunga meravigliosa bugia? Di sicuro il lettore non si sente ingannato, sembra che l’autore davvero metta tutto sé stesso nelle sue risposte al finto intervistatore. Inoltre, qualora alcuni brani possano suonare eccessivi, li giustifichiamo perché uno scrittore ha tutto il diritto di romanzare la realtà. Ma il dubbio rimane e Nevo non ci aiuta certo a risolverlo.
Ciò che chiunque percepisce leggendo il libro però è l’amore per la letteratura e per il mestiere di scrittore che costringe Nevo a non fare altro, a non pensare ad altro, a vivere solo in funzione della scrittura, nonostante ciò lo costringa a restare spesso solo e a soffrire di solitudine. Scrivere vuol dire anche “rubare” storie ai suoi cari, a chi gli è vicino. Onestamente, egli si domanda, è lecito farlo? O costringe gli altri a mentire, pur di non finire sulla carta stampata? Come dev’essere triste essere uno scrittore…
Ma alla fine, vero o falso, autobiografico o inventato, triste o divertente, il romanzo è bellissimo, anche se non sappiamo, né sapremo mai, quanto sincero sia stato l’autore israeliano nello scriverlo.
#andràtuttobene
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