Il romanzo è strutturato in capitoli (intitolati come le porte di Central Park) che alternano il racconto della vita di Andrew, fin dalla sua nascita in una povera e numerosa famiglia contadina, con l’indagine della polizia per scoprire perché sia stato ucciso venerdì 13 novembre del 1903 sotto casa sua. Animo sensibile, il giovane Andrew soffre la tirannia del padre e il duro lavoro nei campi. Si trasferisce a New York dove vive di stenti ma che gli offre le occasioni giuste per studiare, farsi un’educazione. Grazie all’abitudine per il duro lavoro, ad una determinazione fuori dal comune e con il prezioso aiuto dell’avvocato Samuel Tilden, l’uomo che gli cambierà per sempre la vita (ma che grande errore non dar voce ai propri sentimenti!), Green costruirà opere eterne come Central Park, il Metropolitan Museum of Art, la New York Public Library, il Museum of Natural History, parteciperà alla fabbricazione del ponte di Brooklyn. Darà vita ad un più equo sistema di istruzione pubblica; supervisionerà i conti pubblici del comune, smantellandone la corruzione; presidierà l’Associazione Newyorkese per la Prevenzione degli Abusi sui Minori. Realizzerà insomma la città dei suoi sogni: un luogo dove ognuno possa beneficiare di benessere, cultura o svago, che sia alla portata di tutti senza costosi biglietti da pagare e che colleghi, includendoli, i distretti intorno a Manhattan: è al genio di Green infatti che dobbiamo la nascita della Greater New York. Altro che Grande Errore, come venne definito il progetto dai suoi detrattori, nel 1898.
Ma chi è Cornelius Williams, l’uomo che lo ha ucciso a sangue freddo, a ottantatré anni, davanti alla porta di casa e a numerosi testimoni? E soprattutto perché lo ha ucciso? Toccherà all’ispettore McClusky risolvere il caso e lo seguiremo nelle sue indagini fino alla sua (probabile) risoluzione. Ma non sarà a causa di un (altro) grande errore che il nostro eroe è stato ammazzato?
Potremmo classificare il romanzo di Lee un giallo storico: non può essere considerato una vera biografia benché gran parte della vicenda e dei personaggi siano realmente esistiti. Ma poco, o quasi nulla, si sa sulla vita di Andrew H. Green e l’autore si è imbattuto in grossi buchi temporali che non gli hanno permesso di scrivere una biografia attendibile. Ha scelto dunque di farne un romanzo ma la forma adottata poco importa: la sua intenzione è quella di rendere omaggio alla figura trascurata di un uomo molto importante per la città di New York, dove l’autore inglese ora vive, e per farlo giustamente e finalmente conoscere ai suoi (ingrati?) concittadini e a tutti noi. Ne racconta la storia con uno stile mirabile, lieve, elegante, raffinato, vagamente ironico come, probabilmente, era il protagonista. Mentre lo leggevo, mi rendevo conto di avere il sorriso sulle labbra…
È un libro che mi è piaciuto moltissimo e non vedo l’ora di tornare a New York dove ammirerò le sue opere con occhi diversi.
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