Mc Ewan non ha bisogno di presentazione: memorabili sono molti dei suoi romanzi, “L’amore fatale” (1997), “Espiazione” (2001), “La ballata di Adam Herny” (2014), solo per citarne alcuni. Con “Nel guscio”, l’autore si rifà alla tradizione shakesperiana e all’Amleto in particolare, e narra la storia di un omicidio ordito ai danni di un marito dalla moglie e dal suo amante, fratello di lui. Ma l’originalità, il colpo di genio, è l’io narrante del romanzo: chi ci racconta la storia, da una posizione disagiata (a testa in giù!), ma sicuramente privilegiata, è il bimbo di cui è incinta la donna, figlio del marito. Questo feto in procinto di nascere ha degli evidenti limiti, non vede, non può (non riesce) ad intervenire, ma sente, nel senso più ampio del termine. Durante la gestazione si è fatto una discreta cultura, approfittando dei tanti interessi della madre, e un certo gusto, imparando ad apprezzare il buon vino e il cibo di qualità. Il suo eloquio è dotto e competente. Ama la mamma e prova affetto per il papà, pur riconoscendone i limiti, e disprezza lo spregevole zio. Assiste purtroppo impotente al crudele omicidio ma nel finale riuscirà a vendicare il padre.
Nel suo lungo monologo, il bimbo riflette sul mondo che lo aspetta, sui sentimenti come l’avidità e la gelosia che muovono l’animo dei due fedifraghi, ma anche sull’amore puro che sa di provare per la sua mamma. Con un grande sense of humour e tanta ironia, esprime giudizi taglienti e spassosissimi. Sono proprio lo stile impeccabile e la narrazione scorrevole e avvincente che Mc Ewan adotta per il suo protagonista a rendere questo romanzo, benché considerato una sorta di divertissement nella produzione dell’autore inglese, una lettura davvero imperdibile! Fortemente consigliato, amici lettori!
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