Il 4 marzo 2016 un ragazzo di ventitré anni viene brutalmente assassinato dopo essere stato seviziato e torturato per ore in un appartamento di un anonimo palazzo della periferia est di Roma. Si chiamava Luca Varani e i suoi assassini, si scoprirà, sono Manuel Foffo e Marco Prato. Mi ricordavo di questo efferato omicidio per i vari servizi dei tg e le notizie riportate sui giornali, ma non avrei saputo dire com’era andata a finire la vicenda giudiziaria, non sono così attenta alla cronaca nera. Il libro di Lagioia racconta di questo delitto. La realtà supera spesso l’immaginazione, ma qui più che mai e, salvo non aver ben presente ciò che accadde, la vicenda è piena di fatti imprevedibili, di colpi di scena, di tasselli che poco alla volta vanno a formare un quadro generale sconvolgente, mantenendo altissima la suspense per tutte le quasi 500 pagine del libro.
Ha ragione Antonella Lattanzi quando su Tuttolibri del 24/10/20 scrive che è difficile classificare il libro di Lagioia, Non è solo un romanzo, infatti, perché si basa su una storia vera; non è solo un reportage o una mera cronaca degli eventi (un ottimo reportage vista la mole dei documenti analizzati dall’autore che dev’essere stata immensa, e la puntualissima cronologia dei fatti e delle testimonianze). E’ tutto questo e molto di più perché l’autore non si limita ad elencare i fatti ma è lui stesso presente con la sua storia in prima persona, raccontata in alcuni capitoli del libro. Lagioia è infatti rimasto fortemente coinvolto dalla vicenda, egli ci descrive tutto il suo disagio personale nell’affrontare un omicidio così osceno, così drammatico, gli anni durissimi, da lui dedicati a scoprire quanto accadde, e soprattutto come e perché. In questo modo, noi lettori veniamo a nostra volta coinvolti nella vicenda dalla voce dello scrittore con il quale è facile immedesimarsi, rendendo così il libro ancora più intenso.
C’è un ultimo aspetto da sottolineare: la storia si svolge a Roma, che diventa, grazie all’abilità dell’autore, vera protagonista, quasi quanto i tre ragazzi. Viene descritta al suo meglio e nello stesso tempo nei suoi aspetti peggiori, vi troviamo i mille pregi ma anche il milione di difetti che caratterizzano una delle città da sempre più incredibili del mondo. Da italiana, mi sono sentita orgogliosa della nostra Capitale e contemporaneamente mi sono indignata nel leggere del degrado, fisico e morale, nel quale sta sprofondando.
Ho spesso usato nelle mie personalissime recensioni, l’espressione “un pugno nello stomaco” per descrivere la sensazione che ricavavo nel leggere qualcosa che mi aveva particolarmente colpito. Ebbene, per La città dei vivi, non basta, avrei bisogno di qualcosa di più potente per definirlo. Qualche suggerimento?
Leggetelo, è imperdibile!!
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