Letteratura e teatro sono strettamente collegati: ha ragione Luca Ronconi (1933-2015) geniale regista, attore, personaggio imprescindibile per il teatro italiano, quando dice che “vanno considerati come due sentieri che si specchiano pur non coincidendo e che questa separazione deve restare ben riconoscibile”. Il rapporto tra queste due forme d’arte mi ha interessato fin dalla mia ormai lontana tesi di laurea, dove analizzavo la trasposizione di un romanzo breve, “Il servo” di Robin Maugham (del 1948), diventata un film, sceneggiato da Harold Pinter (nel 1962) e adattato poi per il teatro da Elio de Capitani all’Elfo di Milano (nel 1986). Ronconi ha firmato la strepitosa regia dello spettacolo di Massini (ne ho potuto gustare alcuni stralci su Youtube), così come la prefazione al testo nell’edizione Einaudi.
La storia vera dell’opera è molto avvincente, come spesso accade, la realtà supera la fantasia: narra dei tre fratelli Lehman che nella metà dell’Ottocento sbarcano a New York dalla Germania e grazie al loro acume e al duro lavoro, diventano una tra le famiglie più importanti del pianeta contribuendo non poco allo sviluppo del capitalismo. Massini racconta dunque attraverso i vari discendenti Lehman centocinquant’anni di storia americana, dell’ascesa dell’industria e della finanza, di un mondo in continuo sviluppo e cambiamento. Narrare dei Lehman e del loro successo imprenditoriale e politico, riguarda tutti noi occidentali, perché sono stati loro a investire in quello di cui oggi usufruiamo e godiamo quotidianamente, nelle nostre case, nella nostra vita. Sono rimasta sorpresa nell’apprendere in quanti settori i Lehman hanno investito tempestivamente e con grandissimo intuito; è grazie ai loro veri e propri colpi di genio se abbiamo la macchina, il computer, il cinema… e sono diventati in breve una potenza mondiale. Il crollo (forse evitabile?) del complicato sistema di finanziamenti che avevano costruito, avvenuto il 15 settembre 2008, ha spazzato via senza pietà e trascinando con sé i tantissimi risparmiatori che avevano creduto in loro, ciò che avevano creato ma che non era ormai più controllato da membri della famiglia. Non c’è giudizio nel testo di Massini, forse solo un doloroso prendere atto, dei tanti errori commessi.
Da leggere e… da vedere!!