Bill è un uomo solo, vive nei boschi in compagnia di due cani senza nome. Campa di piccoli lavoretti e caccia conigli selvatici di cui poi vende le zampe come amuleti. Ha un unico amico, Leonard un ragazzino dodicenne, altrettanto solo perché ferocemente bullizzato a scuola. Tra i due, nonostante la grande differenza d’età, nasce un’amicizia vera, profonda, destinata a spezzarsi quando Bill compie un atto violento, che sconvolge il suo giovane amico. Costretti a separarsi, i due si ritroveranno anni dopo nel 1959 in una clinica di igiene mentale dove Bill è rinchiuso e Leonard, ormai giovane adulto, viene assunto come medico psichiatra. Sarà qui che si consumerà un altro dramma e i due, sempre più feriti, sempre più soli, dovranno fare i conti con gli errori commessi. C’è qualcosa di irrisolto nel passato del Leonard, un passato doloroso da affrontare e finalmente da appianare.
L’autrice canadese è anche poetessa e tanto lirismo traspare infatti dalle belle pagine del romanzo, rendendolo una lettura di grande qualità, oltre che coinvolgente. Molto interessante la parte dove la Humphreys racconta dell’ospedale psichiatrico, il Weyburn, immensa costruzione che ospitava circa 1800 persone, e dei metodi lì utilizzati negli anni ’60, per trattare i malati. Alcuni di loro venivano curati con LSD, che veniva somministrata sia ai pazienti sia ai medici, un metodo poco ortodosso, dai risultati molto più che dubbi.
Penso che sia un romanzo profondo, potente, riuscito nell’intento di rimanere impresso per diversi giorni nei miei occhi e nel mio cuore, insomma se fossi in voi, lo leggerei…
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