L’opera potrebbe essere definita un romanzo, benché abbia le caratteristiche di un diario, un cosiddetto “personal essay”, nel quale il pensiero dell’autrice scorre fluido tra racconti, ricordi, pensieri a ruota libera. Non sappiamo quanto autobiografico sia; ad ogni modo la narratrice è, guarda caso, una scrittrice di trentasette anni con sei libri pubblicati, assillata dal dubbio se volere o, anche più semplicemente, se desiderare un figlio. Cosa fa una donna se non sente la naturale pulsione di diventare madre? Essendo una scrittrice, si domanda come si può essere sia una brava madre sia un’artista di successo, occupazioni che richiedono entrambe la massima disponibilità e impegno. C’è poco tempo, la protagonista è ben conscia che l’orologio biologico scorre inesorabile e che la decisione va presa velocemente e non può essere rimandata. Ossessionata dal dilemma, pensa, rimugina, medita, analizza sotto tanti punti di vista la questione. Appare chiaro che il fluire dei ragionamenti non ha un esito predefinito nella mente dell’autrice: davvero non si sa dove e a quale decisione la condurranno queste ponderazioni. Sembra proprio che l’io narrante non sappia la risposta e, anche se qui anticipo il finale, nemmeno la troverà, nonostante cerchi valide motivazioni in ogni direzione.
Il problema è talmente martellante per lei che diventa il suo argomento di conversazione preferito e ne parla spesso col fidanzato (che un figlio ce l’ha già e sta bene così, non volendone altri), con le amiche, con cartomanti e indovine dalle quali si fa interpretare i tanti sogni spesso citati.
Una considerazione importante: secondo l’autrice, fare o non fare un figlio non deve essere valutato come una mera scelta di stile di vita. La decisione da prendere è molto più profonda, è radicata nella condizione di donna/femmina, un requisito molto particolare, unico, che gli uomini/maschi stenteranno a capire e che li porteranno a sottovalutare la questione, relegandola appunto a semplice life style: è ben di più! Inoltre, quello che l’autrice non vorrebbe è che ci fosse un divario tra le donne con, e quelle senza figli. Le donne dovrebbero essere tutte solidali tra di loro, sapendo quanto arduo sia decidere per l’una o l’altra opzione. Ma attenzione, scegliere di non essere madre, ha un risvolto pesante: “Se sei una donna, non puoi semplicemente dire che non vuoi un figlio. In alternativa devi avere qualche grande idea o progetto a cui dedicarti. E guai se non è qualcosa di straordinario. E guai se non sai raccontare in maniera convincente –prima ancora che si svolga- come sarà il restante arco della tua vita.” Ma ha o non ha valore una vita senza figli?
Sarebbe sbagliato inoltre considerare le donne senza figli come una sfida per le madri. “C’è qualcosa di minaccioso in una donna che non è impegnata coi figli. Una donna del genere dà un senso di instabilità. Cos’altro si metterà a fare? Che razza di guai combinerà?”
Il difetto del romanzo e di tutto questo elucubrare (oltre alla lunghezza che dopo un po’ annoia) è che obbiettivamente l’indecisione sulla maternità riguarda solo le donne che POSSONO scegliere: alcune, anzi molte, non hanno questo privilegio. Poter optare per l’una o l’altra soluzione, significa possedere degli strumenti che non tutte hanno a disposizione, non ultima la recentemente acquisita consapevolezza di poter essere artefici del proprio destino. La protagonista ad un certo punto fa uso di psicofarmaci, che la rassicurano e la tranquillizzano, aiutandola a tenere a bada le sue angosce. Ma anche questo rimedio non può essere considerato universalmente valido.
Tanti argomenti, tanti spunti da valutare in un libro da leggere dunque, per riflettere, per scegliere di fare la cosa più giusta per sé stesse o nel caso fosse troppo tardi, per confermare e dare valore alle proprie scelte del passato.