CAMBIARE L’ACQUA AI FIORI:
Violette Toussaint (e il nome è tutto un programma) è la cinquantenne guardiana di un piccolo cimitero della Borgogna. Per indole (o forse per il suo passato difficile?), ama stare sola e occuparsi della manutenzione delle tombe e dei gatti che gironzolano per i vialetti del cimitero. È attenta ai tristi visitatori e offre loro, se lo desiderano, conforto e una tazza di tè. Quando un poliziotto di Marsiglia, viene a far visita ad un uomo che in realtà nemmeno conosce, la vicenda si tinge di giallo e la serena quotidianità di Violette viene turbata; il lettore comincia così a conoscerla un po’ meglio. Chi è in realtà Violette? Cosa nasconde il suo passato?
Il racconto della storia della bizzarra guardiana si dipana tra passato e presente, intrecciandosi con il resoconto di quanto accaduto al poliziotto, alla di lui madre, alla famiglia dell’ex marito di Violette e ad altri personaggi. La trama è complessa ma ben raccontata, il lettore viene tenuto in bilico sulle tante storie (forse troppe?) con abilità e solo nel finale tutti i fili verranno riannodati e sarà fatta luce sull’intera vicenda.
MALINVERNO:
Qui il protagonista è un giovane, Astolfo Malinverno, con un piccolo difetto fisico congenito che trova la sua dimensione e la sua serenità lavorando come bibliotecario nell’immaginario paese di Timpamara dove vive. E’ un villaggio sui generis perché grazie ad un maceratoio dal quale spesso volano via, inondando le strade della città, pagine e pagine di libri, i cittadini sono diventati accaniti lettori e spargono ovunque “come untori il morbo della lettura”. La quieta esistenza di Astolfo tra gli amati libri della biblioteca, viene scombussolata quando il sindaco gli affida anche la gestione e la cura del cimitero. Dovendosi recare ogni giorno, per mezza giornata, nel piccolo camposanto e venendo a contatto con persone in lutto e storie di vita vera, il povero Astolfo si troverà sballottato da sentimenti a lui sconosciuti, da passioni che gli toglieranno l’appetito e nemmeno il ricorso ai protagonisti delle sue tante letture gli darà conforto, arrivando anzi a confondere a volte il mondo dei libri con quello dei morti. Il romanzo è ricco di personaggi dai nomi improbabili ma divertenti, che gravitano intorno al cimitero per svariate ragioni e per i quali Astolfo si prodiga come meglio può. La sua storia d’amore con Ofelia è tristissima e malinconica.
Mi piacciano i libri dove si parla di libri, dove i personaggi fanno continui riferimenti ai grandi testi del passato e ciò accade in entrambi i romanzi. Geniale la trovata di Dara del doppio impiego del suo protagonista, grazie al quale può citare grandi capolavori letterari. Ho trovato strepitosa poi la descrizione del maceratoio con le pagine svolazzanti per le strade e del loro influsso sui cittadini.
Il libro guida di Violette, quello al quale la protagonista ricorre spesso è “Le regole della casa del sidro”, bel romanzo di John Irving. Astolfo invece fa riferimenti più colti, ama Madame Bovary, cita Ariosto, Platone, Moby Dick, Cyrano….
“Perché si va verso certi libri come si va verso certe persone? Perché siamo attratti da determinate copertine come lo siamo da uno sguardo, da una voce che ci sembra conosciuta, già sentita, (…) attira la nostra attenzione e cambierà forse il corso della nostra esistenza?” scrive Perrin.
“Ci sono, nella scelta delle letture, occorrenze sorprendenti, come se il libro fosse un oracolo capace di leggere nella mente e nel cuore del lettore e di offrirglisi spontaneamente.” “Per ogni romanzo che si legge ce n’è un altro che non leggeremo e che forse, per non essere stato scelto in quel momento, cadrà nel dimenticatoio e non verrà mai più letto. E magari era proprio il libro della nostra vita.” sembra rispondere Dara.
Tra i due romanzi, ho preferito Malinverno, ma non posso negare di aver in parte apprezzato anche il best seller dell’autrice francese. I punti di forza del romanzo di Dara sono l’atmosfera fantastica che l’autore descrive e che ci fa immergere in un mondo contemporaneo ma immaginario di grande fascino. La vicenda principale (cioè l’amore di Astolfo per Ofelia) è struggente e allo stesso tempo molto poetica. Le storie degli altri personaggi sono varie e ricche di spunti di riflessione. “Cambiare l’acqua ai fiori” è invece più superficiale, ma è talmente avvincente che risulta difficile interromperne la lettura, una bella compagnia per il tempo libero.
Entrambi scritti e costruiti molto bene, per quanto mi riguarda dicevo, ho maggiormente apprezzato il romanzo di Dara, che mi ha colpito, oltre che per il dolcissimo protagonista, per la profondità della sua prosa; spesso infatti mi sono soffermata su frasi significative e per me rilevanti, sottolineandone parecchie.
Quindi, per concludere questa mia inusuale disamina, consiglio il romanzo della Perrin a chi abbia voglia di immergersi in una storia d’amore coinvolgente, e Malinverno a chi apprezza una lettura più lirica e idilliaca. Chiunque si accosti ai due testi comunque, non deve aver subìto perdite recenti, perché è vero che in nessuno dei due romanzi si avverte un’atmosfera particolarmente luttuosa o addolorata, ma l’ambientazione, mitigata ed edulcorata quanto si vuole, è pur sempre quella.
P.s.: ho già comprato, ma impilato sul comodino, un altro romanzo sull’argomento “cimitero”: Il Campo di Robert Seethaler, uno struggente romanzo corale dove ventinove voci di persone sepolte nel campo narrano la loro vita, la loro morte. Lo leggerò… tra qualche tempo, però!
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