“La gloria” è il libro giusto da leggere (e rileggere!) a Pasqua. È la ricostruzione del delicato rapporto tra Gesù e Giuda Iscariota attraverso le parole di quest’ultimo, scelto tra gli Apostoli per far sì che il destino di Gesù si compisse, come stabilito dal Padre e dalle Scritture. Lo sappiamo, Giuda consegna Gesù ai suoi carnefici e, non sopportando il peso del rimorso e dell’ingiustizia per essere stato scelto lui per compiere il tradimento, si toglie la vita, dannandosi così in eterno. Scritto sotto forma di monologo, l’autore alterna il racconto dei fatti narrati nei Vangeli con le riflessioni di Giuda stesso, uomo che Berto presenta come intelligente e coltissimo, disperato e combattuto per le angosce religiose e personali che deve affrontare per amore di Gesù. La sua fede vacilla, sempre in bilico tra la lealtà verso il Maestro, l’Unto come spesso lo chiama, e la ragione che gli fa dubitare del Suo operato. Si redimerà prima di morire? Verrà perdonato? Il mondo, da allora, lo considera il traditore per eccellenza. “Così io, che ero stato il primo a seguirTi, a offrirTi morte e vita, fui nominato per ultimo, e ultimo sono sempre quando elencano i dodici, gli apostoli. Sono il reietto, colui che poi Ti tradì. (…) Ma, obiettivamente, che bisogno c’era di tradimento? Perché certe profezie dovevano essere adempiute? E io, impiccato ad un ramo? (…) Io arrivai all’albero interrogandomi e interrogando l’Eterno. Non ci fu, nemmeno allora, risposta, e ciò che per disperazione feci è giudicato indegno di misericordia. Ma tu, Rabbi, lo sai: feci quel che potei. Non avevo messaggeri del Signore dalla mia parte, io ero soltanto un uomo.”
Solo un uomo dunque, con i limiti e le imperfezioni di noi tutti: Berto nel suo libro profondo e appassionato, davvero imperdibile, ci invita a riflettere sulla figura di Giuda, sul suo gesto odioso ma disperato, e se possibile, a comprenderlo, almeno un po’.
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