Sarah, la protagonista, è in fuga con una valigia zeppa di dollari rubati ad un’anziana che ha abilmente truffato. Si nasconde a Bangkok tra i tanti farang, ovvero gli stranieri occidentali, che nell’immensa capitale thailandese si imboscano senza troppe difficoltà benché disprezzati dalla popolazione locale. La giovane trova alloggio nel Kingdom, un enorme palazzo con quattro altissime torri, dove abita gente ricca e annoiata. Ma l’atmosfera si fa presto irrespirabile, sia per i monsoni che flagellano la città, sia per le frequenti e pericolose sommosse. Sopraffatta dalla solitudine, stanca di sentirsi in fuga, Sarah abbasserà le difese e si troverà nei guai. Convinta di essere al sicuro, sarà al contrario presto in trappola e pagherà caro l’aver pensato di potersi ambientare in una città così complessa ed eterogenea, (dove il clima caldissimo e umidissimo ha un ruolo importante), e che viene molto ben descritta dall’autore.
Mentre leggevo, ho sempre avuto la sensazione di una minaccia incombente, Sarah non ha scampo ed è evidente che non dovrebbe fidarsi di nessuno. Perfino il suo appartamento, uno tra i tanti del Kingdom, dove Sarah crede di poter scomparire, non la salverà dal male che la circonda. L’abilità di Osborne secondo me è proprio qui: la sua è una lingua che ben descrive la tensione crescente, l’autore adotta una scrittura che è in grado di farci stare sempre sulle spine e un brutto sentore di pericolo accompagna il lettore per tutto il romanzo.
Ecco perché non è un libro da ombrellone, non ci si rilassa per niente leggendolo! Piacerà comunque ai lettori attratti dalle ambientazioni inquietanti ma anche a quelli affascinati dall’esotico, a coloro che conoscono Bangkok e a chi non vede l’ora di andarci.